
Il New York Times è stato categorico: "lo stile si sta globalizzando grazie a colossi come Zara. L'originalità culturale scomparirà a breve". Ma forse una via d'uscita c'è: Fashion with roots, progetti di giovani che puntano su capi etnici realizzati secondo tradizione.
Per la storica della moda americana Valerie Steele la fine è vicina. L’annuncio è arrivato a dicembre su due colonne del New York Times. "Nella moda e nel costume l’esito della globalizzazione è già scritto: lo stile della strada, quello specifico di una cultura, una latitudine, una personalità, sparirà. Perché le generazioni più giovani di tutto il mondo comprano sempre più dagli imperi pronto moda come Zara”. La buona notizia è che una scialuppa di salvataggio la moda ce l’ha. La stampa specializzata la definisce 'Fashion with Roots’, la moda con radici. Storiche e culturali. Progetti (di successo) in tutto il mondo vanno in questa direzione. "International Wardrobe“ è uno di questi. L’idea è della berlinese Katharina Koppenwallner, che viaggia negli angoli più remoti del mondo alla ricerca di costumi, tessuti locali, accessori folk, senza guide, senza interpreti. E se la cava benissimo. Sul suo sito (internationalwardrobe.com) spiega origine e provenienza delle scoperte, mostra i capi fotografati nei loro contesti originali, e li vende. Ma c’è davvero bisogno di girare mezzo mondo per una moda etno che si trova anche all’angolo di casa?. "Lavoravo da Zara“, spiega Katharina Koppelwallner. "Producevamo ad esempio gilet ungheresi con applicazioni floreali. Seriali, anonimi, senz’anima“. Quello che oggi presenta nel suo International Wardrobe sono grembiuli plissettati della Transilvania. Fatti a mano, ovviamente, nelle antiche botteghe dei Carpazi.
Per le donne che vogliono evitare di vestire tutte uguali, dalla raffinata strada di Anversa alla terrazza sotto il sole di Malibu, ci sono marchi come Suno, dell’americano keniota d’adozione,Max Osterweis (sunony.com). Da due anni la sua linea di abiti tradizionali Kanga viene venduta nella boutique omonima di Downtown New York. Racconta Osterweis: "le collezioni Suno sono realizzate con stoffe tradizionali del Kenya, e delle regioni del Nord limitrofe dove c’è una tradizione ricchissima“. Intanto il marchio conta tra le clienti-amiche Michelle Obama, e produce a condizioni di mercato fair nei remoti villaggi del Kenya. Che i tempi siano maturi per la moda con radici lo dimostra anche un altro fenomeno di questi giorni. La label Cobra Society (thecobrasociety.com) della designer Alex Davis, produce a mano stivali di ogni forma e misura sul solco della tradizione castigliana. La particolarità è l’inserto di Kilim pregiati e antichi sulla gamba degli stivali. In breve tempo gli stivali Cobra Society sono diventati oggetto di culto indossati da celebrities come Jessica Alba e pubblicati da rviste come Vogue, L’Officiel, Women’s wear Daily. E così la lista d'attesa per averli è lunghissima.
Gli apripista della rivoluzione etno sono stati i fondatori della boutique Opening Ceremony,Humberto Leon e Carol Lim, quando dieci anni fa hanno aperto un minuscolo negozio a New York. "Eravamo gli ambasciatori della moda del mondo in occidente“, ricorda Leon. "Ogni anno un Paese diverso. Ancora oggi la formula è la stessa. Torniamo con pezzi rarissimi che ci fanno sognare e li vendiamo nei nostri negozi”. Perché intanto lo spazio newyorkese è diventato troppo piccolo. È recente l’inaugurazione di Opening Ceremony a Los Angeles e Tokyo. Hollie Rogers, buyer di Net-a-Porter, ha creato da poco il marchio One Vintage, con quartier generale a Londra. "Non mi interessano pezzi di lusso perché sono costosi, mi interessano pezzi di lusso perché sono unici“. Con l’aiuto di un team di sarte specializzate One Vintage trasforma tradizionali tessuti pregiati in qualcosa di nuovo. Taglio e forme di oggi, tessuti antichi da chissà quale angolo del mondo. “Spesso i nostri capi sono venduti una manciata di secondi dopo la messa in rete" conclude Hollie Rogers. Le Muzungu Sisters (muzungusisters.motilo.com) invece sono diventate celebrità senza (ancora) avere alle spalle un’azienda in proprio, ma non senza l’appoggio del prestigio Vogue UK e di una ridda di amici rich&famous. Due anni fa Dana Alikhani e Tatiana Santo Domingo (fidanzata di Andrea Casiraghi) hanno fondato la loro label. Muzungu in Suaheli (lingua bantu dell’Africa orientale) significa 'viaggiatrice’. Proprio quello che sono queste due amiche: moderne globetrotter con le valige piene d’esperienza. Tatiana è figlia del jet Set europeo (è figlia del secondo uomo più ricco della Colombia), Dana è nata in Iran, è cresciuta a Cipro, ha studiato diritto internazionale e diritti umani a Londra e New York. Il marchio Muzungu si sta facendo strada soprattutto con l’eccellente offerta di kaftani tradizionali. Ma anche accessori che provengono da Marrakesch alle Ande peruviane. "Il nostro obiettivo è conservare le tradizioni tessili e le tecniche di produzione artigianale più antiche del mondo“ spiegano Dana & Tatiana. Il segreto della riuscita del progetto? Comprare solo nei luoghidove gli abitanti indossano le cose che producono. Così non si crea solo un trend occidentale, ma si tutelano metodi tradizionali per le generazioni future, a condizioni di lavoro ottimali. Ce la farà la moda a sopravvivere fuori da street blog e passerelle?
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